QUEL DELICATO EQUILIBRIO TRA FIGLI SPORTIVI E GENITORI

Bella serata alla sala Polifunzionale della Virtus: c'erano Benaglia, Brighi e Lantignotti. Ecco com'è andata
News - Reportage - Polisportiva Pubblicata martedì 29 aprile 2014

Un'ora e mezza filata via liscia e veloce, al ritmo di tanti interventi interessanti, che hanno ben sviscerato l'annoso tema dei genitori maleducati, quelli che riversano troppe aspettative sui figli e/o ai bordi del campo di gioco dei propri ragazzi si rendono protagonisti di sceneggiate non proprio edificanti. Era il secondo appuntamento di "Lo sport per crescere", per il secondo anno realizzato da Virtus Cesena in collaborazione con Romagna Iniziative. L'incontro si è svolto nella serata di lunedi 28 aprile, presso la Sala Polifunzionale della Polisportiva Virtus, a Ponte Abbadesse.
"Quella dei genitori maleducati è una 'minoranza rumorosa' - ha spiegato Fabio Benaglia, autore del libro "Mio figlio è un fenomeno" - al cospetto dei tanti papà e delle tante mamme che, silenziosamente e al prezzo di acrobatici sacrifici, si sbattono per far far sport ai propri figli. Una minoranza rumorosa che, da quanto ho potuto apprendere confrontandomi con diverse realtà italiane, in Romagna fa meno danni che altrove, dove le situazioni sono ancora più esplosive. Ho raccolto aneddoti credo divertenti, cambiando però i nomi e sfumando certi eccessi per non farmi travolgere dalle querele. C'è veramente di tutto. I genitori che installano il cavalletto per riprendere al meglio la prestazione del figlio, confidando che inserendo nel titolo del video che caricheranno su youtube anche il nome di Messi i grandi club si accorgeranno del dotatissimo rampollo. Oppure il ragazzino timidissimo costretto dai genitori a scrivere al proprio allenatore una lettera di Natale chiaramente sotto dettatura da consegnare al mister dinnanzi alla squadra. Fino al genitore che inveisce con l'arbitro perchè era chiaramente fuorigioco. Peccato si giocasse a pallacanestro".
A proposito di arbitri, Christian Brighi, ex-fischietto cesenate di Serie A, ha offerto la prospettiva di un ruolo storicamente scomodo e destinatario di mille improperi: "Da ragazzino, quando giocavo nel Martorano, mi accorsi che stavo praticando uno sport di cui di fatto non conoscevo bene le regole. Allora decisi di fare il corso da arbitri, una strada che proseguii perchè a calcio mi fecero credere che m'ero fatto male per farmi lasciar perdere. Poco male: avevo una tesserina che mi consentiva di entrare al Manuzzi e col rimborso spese delle partita arbitrate portavo la ragazza a mangiare la pizza. Ecco, sulla scia di quella curiosità per le regole del gioco, credo che per prima cosa bisognerebbe che tutti, giocatori e genitori, sapessero bene le regole dello sport che praticano. Sarebbe un bell'inizio".
Christian Lantignotti, ex-calciatore professionista (Milan, Cesena, Reggiana, Forlì, tra le altre) ha offerto molteplici punti di vista. La sua esperienza da giovane calciatore ("Mia mamma veniva a vedermi, imbarazzandomi non poco. Soprattutto quando, a fine partita, prima mi diceva che ero stato bravissimo, poi mi chiedeva che numero di maglia avessi"), di allenatore ("Lavoro nelle giovanili dell'AC Cesena, quindi i miei sono ragazzi selezionati e devo dire che non versando quote d'iscrizione i genitori stanno al loro posto") nonchè di padre di 3 giovani sportivi ("Vado a vedere mia figlia che gioca a pallavolo, cerco di starmene in disparte senza farmi notare... però quando la vedo che si distrae durante un time-out non riesco a non farglielo notare").
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